Trabia
A metà strada tra la città di Palermo e la rinomata meta turistica di Cefalù si trova il Comune di Trabia, ridente località marinara sul litorale tirrenico. Sul questo territorio si trovano importanti siti naturalistici quali la Riserva Naturale Orientata Pizzo Cane, Pizzo Trigna e la Grotta di Mazzamuto.
Il territorio del comune confina con quelli di Caccamo, Casteldaccia, Altavilla Milicia e Termini Imerese ed accoglie circa 10600 abitanti per una densità abitativa di 510 abitanti per chilometro quadrato.
Il castello dei Principi Lanza è il punto di partenza per lo sviluppo del Comune a partire dai secoli X e XI. Tutto attorno al castello erano presenti numerose uliveti oltre diverse specie che tutt’oggi si considerano delle vere eccellenze per il Comune, nespole, agrumi e pesche.
Nel corso dei secoli, questa splendida località è stata in grado di sfruttare il proprio territorio sia in riferimento allo sviluppo delle attività agricole, ma anche in favore di una crescita della filiera turistica tra le più importanti per la provincia di riferimento. Dal punto di vista architettonico è presente l’antico castello dei Lanza a strapiombo sul mare, attorniato da lussureggianti verdi colline, nonché confortevoli strutture ricettive che costituiscono, sopratutto nel periodo estivo, una notevole fonte di attrazione per i visitatori.
La storia
Durante l’anno 1822 nel corso di alcune ricerche effettuate nell’attuale contrada denominata “Cozzo di Trabia” furono rinvenuti antichi gioielli, corredi funerari e curiosi manufatti riconducibili, secondo la maggior parte degli studiosi, al periodo fenicio (insediati sul territorio del Comune tra il X e l’XI secolo D.C.). Tuttavia tale ipotesi relativa ai Fenici è ancor oggi molto dibattuta in quanto altri studiosi ritengono che i primi abitanti furono popolazioni provenienti da Zancle (poiché stanziati anche presso la vicina Himera, oggi Termini Imerese).
Molto curiosa è anche la storia relativa al nome del Comune. Già dall’XI secolo ritroviamo il termine “Tarbi’ ah” che dalla lingua originale araba può essere tradotta in “la quadrangolare”(data la conformazione urbanistica del periodo).
Il geografo arabo Idrisi (Ceuta, 1099 ca. – Sicilia 1164) nella sua raccolta di informazioni denominata “Il sollazzo per chi si diletta di girare il mondo” meglio conosciuto come “Libro di Ruggero” descrive cosi l’antico insediamento di Tarbiah (traduzione in lingua di Michele Amari):“A ponente di Termini è un abitato che s′addimanda ′At Tarbiah (“la quadrata”, comune di Trabia): incantevole soggiorno; d′acque perenni che parecchi molini. La Trabia ha una pianura e de′ vasti poderi ne′ quali si fabbrica tanta paste da esportarne in tutte le parti, Calabria e in altri paesi di Musulmani e di Cristiani: che se ne spediscono moltissimi carichi di navi. Presso la Trabia è il Wadi ′as Sullah (fiume di Termini), largo e copiosissimo d′acque, nel quale si trova dalla primavera in poi il pesce chiamato ray (forse una specie di salmone). Nel porto di questo paese si pesca quel gran pesce che addimandasi il tonno.
Come si nota, già dall’antichità, questi luoghi erano molto conosciuti non solo per l’abbondanza di acque fluviali e sorgenti ma anche per le specie di acqua salata e non, che le popolavano.
L’elevata portata d’acqua delle sorgenti fece si che le stesse fossero denominate “Acqualoro”, data la frequentazione dei venditori d’acqua, e che ad oggi il termine fosse riadattato, al punto da divenire nome ufficiale, in “Acqua dell’Oro”.
Molto importante per la storia del Comune è la famiglia Lanza. Dal XVI secolo essi iniziarono l’opera di sviluppo dell’allora villaggio secondo dei criteri urbanistici del periodo (la tradizionale pianta a scacchiera) e fecero si che il castello (residenza ufficiale della famiglia) con i suoi quattro torrioni angolari, fosse costruito a strapiombo sul mare. Molto importante per l’urbanizzazione del periodo fu anche l’antico maniero che nel periodo a cavallo tra il ‘500 ed il ‘600 fu sede della prima chiesa Madre intitolata a Santa Petronilla Martire.
Dalla seconda metà del ‘400 Leonardo di Bartolomeo senior, protonotaro del Regno, ricevette in enfiteusi dal governo della città di Termini Imerese (l’antico borgo trabiese ne rientrava nel territorio) alcuni di questi terreni che aggiunti ad altri che quest’ultimo acquistò, pervennero in eredità alla nipote Aloisa (figlia di Leonardo junior detto Narduccio). L’Aloisia, già in età avanzata, sposò negli ultimi anni del ‘400 Blasco Lanza che dovette subire la morte della moglie convolando in seconde nozze con Laura Tornabene da cui nacque Cesare Lanza, 1º conte di Mussomeli.
Dai due matrimoni, Blasco Lanza entrò in possesso di un notevole patrimonio immobiliare.
Il primo con Aloisia di Bartolomeo, nipote del famoso giurista, Leonardo, gli fruttò (contratto nuziale in data 16 dic. 1498), oltre ad un palazzo in Palermo divenuto residenza abituale sua e dei suoi discendenti, il territorio di Trabia in prossimità del Comune demaniale di Termini Imerese, privo di popolazione e di villaggio, ma ricco di acque e dotato di torre, fondaco, due mulini e una tonnara. Quest’ultima, perfettamente attrezzata per la pesca dei tonni e palamidi, rendeva parecchio (secondo la stima del Barberi nel 1506 garantiva un reddito di cento onze annue). L’abbondanza di acque assicurata da una sorgente permise a Lanza di impiantare una piantagione di canna da zucchero e di annettervi uno zuccherificio (a trappeto), ancor più redditizio della tonnara. Tutto il comprensorio era stato concesso in enfiteusi dalla Comunità di Termini nel 1444 a Leonardo di Bartolomeo, il quale però in grazia dei suoi ottimi rapporti con la corte ottenne facilmente subito dopo, nel 1445, il riscatto del censo dal re Alfonso di Aragona, con gran risentimento dei Terminesi. Spogliati della proprietà eminente sul ricco territorio dì Trabia, questi ultimi intentarono una lite giudiziaria che si protrasse per secoli ed ebbe il seguito di ricorrenti violenze dall’una parte e dall’altra. In sostanza con le rivendicazioni dei Terminesi, il Blasco Lanza ottenne con privilegio di Ferdinando il Cattolico del 14 nov. 1509, l’erezione in baronia di tutto il comprensorio, con la facoltà di costruirvi il castello ed eventualmente anche il villaggio e una precisa intimazione alla Comunità di Termini di desistere da ogni rivendicazione e molestia. Questo provvedimento reale giunse però in ritardo rispetto alla tenace ambizione di Blasco di conseguire la nobiltà. Questo indispensabile sigillo costituisce una invidiabile ascesa sociale per il Lanza, il quale perseguiva già da anni per altra via, quella stessa che gli aveva assicurato fortuna ed onori, passando per le aule giudiziarie armato di cavillose, sottilissime argomentazioni giuridiche. Intentando causa contro Niccolò Tornabene (suocero delle seconde nozze del Blasco), per rivendicare la baronia di Castania, antico feudo dei Lancia venduto però da loro già nel 1322 e passato poi sempre per vie più che legittime ai Tornabene, egli puntava alto: non mirava solo a conseguire la nobiltà, ma anche a provare la sua appartenenza alla famiglia Lancia, una delle più antiche ed eminenti della Sicilia. Il Tornabene che non intendeva arrestarsi davanti alle porte dei tribunali, si trovò in cattive acque e pensò bene di venire a patti con Blasco stringendo un accordo che secondo il costume siciliano del tempo doveva concretizzarsi in un matrimonio (tra Blasco e la figlia del Tornabene, Laura). Il B. passò così a seconde nozze con quest’ultima, sorella di Niccolò, che gli portò in dote (contratto nuziale in data 21 luglio 1507) la baronia, terra e castello di Castania nel Valdemone ed inoltre la metà della foresta di Porta Randazzo, i feudi di Lactaino, Triairì, Li Buti, Foresta Vecchia, Margraniti e le saline di Nicosia. Alla morte di Niccolò, la sorella ereditò e portò anche la seconda metà della foresta di Porta Randazzo. Il B. per suo conto acquistò i tre feudi limitrofi di Camilari, Vacrila ed Acquasanta, costituendo un imponente complesso immobiliare.
Come ci riporta padre Salvatore Lanza di Trabia nel suo “Notizie storiche sul castello e sul territorio di Trabia” (in Archivio Storico Siciliano anno III 1878 pp.309-330) “Leggesi nei registri della R. Cancelleria che a 14 novembre 1509, il re Ferdinando da Vagliadolid, eresse in feudo nobile il territorio chiamato della Tarbìa col fondaco, molini e tonnara, scuderia e trappeto, diritti, pertinenze ed acque, sotto l’obbligo di un cavallo pel regio militare servizio: in forza di tale concessione Blasco Lanza”, secondo quanto riporta in un suo lavoro manoscritto Giuseppe Lanza Principe di Trabia “fortificò maggiormente il castello di Trabia di baluardi all’uso moderno con quantità maggiore di artiglieria e sopra la seconda porta, passata quella del primo ponte levaticcio, pose l’arme dei Lanza scolpite in un marmo di sei palmi di altezza, fatto più anni prima da quel celebre Gagino palermitano, per lo che rende più illustre il grandioso castello”.
I Lanza fecero restaurare il bel castello, attorno al quale si sviluppa ancora oggi Trabia.
Sulla porta d’ingresso del Comune furono collocate le armi rappresentative del casato dei Lanza (ad opera di Blasco) che furono scolpite in marmo dal celebre Gagini. Nel 1517 a causa di una sommossa popolare che vide coinvolto lo stesso Barone, il castello fu incendiato e devastato dai termitani.
Cesare Lanza succedette alla morte del padre Blasco e si adoperò sin da subito al fine di ingrandire la rocca. La struttura venne dunque ampliate dal versante marino e venne costruita e consacrata la prima chiesa del paese dedicata a Santa Petronilla.
Il successore di Cesare, Don Ottavio Lanza ottenne nel 1601 dal Re Filippo III il titolo di principe sul feudo e sul castello, e nel 1635 fondò ufficialmente il Comune di Trabia. Ottenne dal re Filippo IV d’Asburgo (1605-1665) la concessione della licentia populandi, questo privilegio di popolare un territorio permise al borgo di Tarbìa di ampliarsi rapidamente. Tali ampliamenti si concretizzarono nella costruzione di una muraglia protettiva del borgo, le acque furono meglio sfruttate e grazie ad incanalamenti vari permisero lo sviluppo all’interno del castello di diverse attività produttive di panni, colla, olio, biscotti e sanze.
I miglioramenti comportarono un notevole incremento delle attività agricole e di quelle relative alla pesca (maggiore efficienza della Tonnara costruita nel ‘500). Di pari passo rispetto ai notevoli miglioramenti in ambito produttivo, è utile ricordare anche la costruzione del secondo e terzo edificio religioso del Comune: la Chiesa dedicata a Sant’Oliva costruita nel 1643 e quella dedicata al SS. Crocifisso nel 1726 ad opera del Principe di Trabia. Alla morte di Pietro Lanza le fabbriche sorte all’interno del castello furono chiuse. Dai primi dell’800 il castello conobbe un fervido periodo legato alle arti ed alla letteratura grazie alle visite di nobili, artisti e letterati locali.
Oggi il castello è la testimonianza artistica, storica e culurale più importante di Trabia. Nella sua architettura si riconosce la commistione di diverse stili, a partire da quello arabo per proseguire con il normanno (la presenza di una torre interna di forma quadrata edificata per avvistamenti e controlli del territorio), e presenta ancora il suo tipico profilo a strapiombo sul mare.