La via “da Traversa” – Ventimiglia di Sicilia
La contrada “Traversa” fa parte del territorio di Ventimiglia ma ne costituisce una frazione distaccata. Oggi, come nel recente passato, è utilizzata principalmente per le colture cerealicole e del mandorlo ma sin dall’antichità, seguendo l’andamento ortogonale dei Monti del Cane o di Calamina o ancora denominati di Trabia, ha rappresentato un’importante via naturale di penetrazione dalla costa verso l’interno. L’etimologia della contrada “Traversa” quindi “Traversa di Cane” o “di Calamigna” sembra rimandare a quell’antico sistema viario esistente sino al medioevo che si snodava ai piedi dell’intera dorsale e che collegava il Tirreno con l’entroterra cerealicolo. Il grande ruolo di intercomunicazione svolto da questo territorio, assieme a quelli di Baucina e Ciminna, è avallato dai numerosi siti archeologici della zona dei quali Calamigna sopravvisse sino al medioevo costituendo l’insediamento principale di quel periodo.
Il percorso può essere svolto in auto, in Mountain bike, a cavallo, oppure con fuoristrada. Il seguente itinerario può essere accostato all’itinerario 2 della “ La via d’à Riserva”, seguito da una visibile segnaletica.
La costruzione della chiesa campestre della Madonna della Grazia è legata al leggendario ritrovamento del dipinto omonimo, incagliato tra due rocce, che la tradizione orale colloca al tempo della fondatrice, la Principessa Beatrice Ventimiglia Del Carretto. Si narra che, affacciatasi dal terrazzo del palazzo, Beatrice, abbia intravisto una luce in lontananza e che inviati alcuni contadini, questi abbiano ritrovato un dipinto con l'effige della Madonna che allatta il Bambino. Il racconto riferisce ancora che, collocato il quadro all'interno della cappella del palazzo, l'odierna Chiesa di San Vito, lo stesso sia per ben tre volte scomparso per ricomparire tra quelle pietre come a voler significare che la Vergine volesse proprio in quel luogo, la costruzione di una cappella. In realtà il dipinto è associato ai caratteri tipici della pittura del tardo seicento o dei primi del settecento e rappresentava una madonna del latte, la “galactotrophousa”. Gli angeli risalgono, invece, alla seconda metà dell'ottocento. Un legato per la celebrazione di alcune messe per l'anima dell'Ill.ma Donna Maria Branciforte, moglie del Conte Giovanni Del Carretto, figlio della fondatrice, ci conferma come la collocazione storica del dipinto differisca con la datazione del racconto. Recentemente la parete che accoglie il quadro è stata arricchita da artistici stucchi realizzati dallo scultore baucinese Enzo Puleo. Interessanti la Salve Regina e il Rosario in vernacolo, cantati durante la quindicina in Suo onore, oggetto di studio da parte dell'Università di Palermo per rientrare tra i canti monodici della Sicilia occidentale.
In una pianta topografica del 1830 redatta da Giovanni Manfré e riguardante il territorio di Baucina, viene riportata la Masseria Suvarita all'interno dell'omonimo feudo prima di proprietà dell’ordine religioso, adesso ai privati. Il territorio della zona è ancora oggi reso particolarmente fertile dalla presenza di una sorgente che alimenta un abbeveratoio a doppia vasca e che ha consentito lo sviluppo sia di attività agricole che di allevamento.
La Grotta prende il nome da una particolare conformazione orografica dei territori situati tra Pizzo di Cane e di Pizzo del Leone in modo da rievocare l’effige del volto di un leone.
La grotta risulta difficile da raggiungere e visitare a causa delle impervie pendenze del terreno e di massi franati. Gli sforzi fisici che il visitatore compie per accedere vengono immediatamente premiati dalla presenza all'interno della grotta di formazioni stalagmitiche e stalattitiche, molteplici specie vegetali tra cui l’Iberidella minore. L’escursione per la grotta inizia dalla Masseria Leone, un complesso di locali costruiti attorno ad un atrio e serviti da una sorgente che alimenta un abbeveratoio.
Cozzo dei Morti, che prende il suo nome dalla presenza di sepolture a cassa coperte da grandi lastre, è costituita da grandi massi derivanti dal detrito di falda della montagna.
La necropoli, che occupava i terreni situati a Nord, appartiene agli insediamenti databili tra l’età ellenistico-romana e l’età tardo-antica(II sec. a.C. – VI/VII sec. d.C.). Il ritrovamento di alcuni reperti archeologici (tegole, vasellame da mensa, ceramica da cucina, anfore di manifattura africana e ceramica acroma) hanno consentito agli esperti di poter datare l'insediamento.
Nella parte più a Sud della Regia Trazzera della Traversa, sorge un grande baglio costituito da molteplici ambienti, di cui oggi rimane soltanto parte dei muri. Il complesso ha una pianta rettangolare così costituita: dal lato est è possibile accedere all’ingresso attraverso due semiarchi (oggi murati), successivamente è possibile incontrare il grande atrio al cui centro è presente un abbeveratoio, probabilmente utilizzato dagli animali che si rifugiavano nei piccoli atri adiacenti, ed infine sono presenti altri locali adibiti ad uso domestico. Sui terreni circostanti al baglio, sono stati trovati numerosi frammenti ceramici di origine greca, romana e medievale.
Cozzo delle Abbriveratureddi, il cui nome è riconducibile alla presenza di un bevaio a doppia vasca, è una testimonianza di grande spessore dal punto di vista archeologico; infatti diversi ritrovamenti archeologici testimoniano la presenza di una grande fattoria collocabile in età tardo-antica. Il sito da sempre ha esercitato un forte interesse, al punto che, in epoca medievale, venne nuovamente occupato. Il coinvolgimento della popolazione locale, oggi, è dimostrato dalla presenza di un antico casolare e da un moderno caseificio che porta avanti le produzioni locali.