Regia trazzera della Cernuta – Ciminna
Nella zona posta nella parte sud-orientale del territorio di Ciminna, è possibile visitare numerosi insediamenti rilevanti dal punto di vista storico-archeologico: i siti in contrada Cernuta, di Monte Rotondo, del Pizzo e di Cozzo Maragliano.
Per raggiungere la contrada Cernuta, è necessario percorrere la Regia Trazzera Ciminna – Roccapalumba, oggi Strada Regionale 13, che si presenta come un’area morfologia semi-collinare.
Proseguendo per Portella S. Caterina, dove si trova la fontana pubblica, è possibile imboccare diverse direzioni: attraverso la prima, in direzione sud, è possibile percorrere la Regia Trazzera, che attraversa la contrada Vallegrande, dove sono state rinvenute alcune tombe a fossa; in alternativa, è possibile proseguire verso il Pizzo, o ancora, voltare a destra percorrendo una strada che conduce a Monte Rotondo, un rilievo dalle pareti a strapiombo, che si presenta di facile accesso dal suo lato meridionale; sull’apice del rilievo è possibile osservare resti di una vecchia struttura, probabilmente un’antica cappella.
In direzione sud/est è possibile raggiungere il Pizzo di Ciminna, un rilievo gessoso che contiene diverse testimonianze archeologiche risalenti all’età preistorica, arcaica, classica ed ellenistica. A tal proposito infatti pare sia stata scoperta una importante costruzione, interpretata come una sorta di santuario dedicato alla dea Demetra.
Proseguendo in direzione nord, è possibile ammirare Cozzo Maragliano, il quale si presenta come un modesto rilievo costituito da rocce di formazione Baucina; sempre più a nord, sulla parte orientale, vi è la Grotta Ruggeri.
Continuando in direzione nord, il percorso si snoda attraverso una trazzera, dalla quale è possibile scorgere la Valle S. Leonardo e il Lago Rosamarina; il tragitto percorrendo la Regia Trazzera Ciminna-Montemaggiore Belsito e costeggiando il versante settentrionale di Monte Rotondo, conduce infine direttamente a Ciminna. Il territorio di tale paesaggio appare interamente coperto da colture agricole, come oliveti, mandorleti, vigne, ortaggi e frutteti vari; i terreni sui quali sono presenti e fanno la loro comparsa le rocce gessose inoltre sono adibiti a pascolo di ovini e bovini. L’ultima tappa di tale tragitto è la chiesa di S. Antonio Abate, alla quale si giunge dopo aver percorso una stradina scavata nel banco gessoso.
Il Pizzo di Ciminna è costituito da due cime (809 e 825 m s.l.m.) che appaiono agli occhi dell'osservatore come una sella con le due punte distanti tra di loro circa 90 metri.
Dai lati meridionale e occidentale è attorniato da dirupi a strapiombo, è accessibile soltanto dal versante settentrionale e dal versante orientale il cui pendio, a tratti ripido, presenta una morfologia a terrazze che si sviluppano in direzione nord – sud.
Sotto l’aspetto geologico il rilievo è formato da gessi di formazione Pasquasia con alcuni affioramenti della formazione Baucina. Dal punto di vista archeologico il sito è il più importante del territorio di Ciminna ed è stato oggetto di diversi studi dato che vennero ritrovati resti di insediamenti riconducibili all'età preistorica.
Tali risultati furono raggiunti da scavi e relativi studi effettuati tra il 2002 ed il 2005 affidati da parte della Soprintendenza per i Beni culturali e Ambientali di Palermo al Birkbeck College, (University of London) e all’Università degli Studi della Basilicata, sotto la responsabilità di E. Curti.
Dalle campagne di scavo furono rinvenuti diversi manufatti in selce e saltuari frammenti di ceramica d’impasto presi in superficie risalenti per l'appunto all'età preistorica.
I primi insediamenti indigeno documentato sul Pizzo risalgono all’età arcaica, influenzato dalla cultura greca e punica. Il Pizzo di Ciminna insieme a Monte Falcone nel territorio di Baucina, sono due siti ad interesse archeologico più rilevanti del territorio grazie alla la duplice presenza fenicio-punico di Solunto e la polis greca Himera.
Il materiale, soprattutto anforico, proveniente dalle ricognizioni di superficie e dagli scavi archeologici, conferma questa duplice influenza. La ceramica indigena a decorazione dipinta e impressa, tipica dell’ambiente sicano, si caratterizza, inoltre, per la sua ottima qualità e non trova riscontro in altri siti vicini. Tutti questi elementi fanno pensare che il Pizzo abbia detenuto un ruolo gerarchicamente superiore rispetto ai centri indigeni coevi attestati lungo la valle del San Leonardo. In questo senso, degno di interesse è il santuario, dedicato probabilmente a Demetra, che conferma il legame di questa società con i culti della terra e della fertilità e che denuncia forti rapporti culturali con il mondo greco.
Durante l’età tardo-classica ed ellenistica il sito continuerà a essere occupato. Con la costituzione dell’epicrazia punica, dopo il trattato del 374 a.C. tra i greci di Sicilia e Cartagine, il Pizzo entra certamente nell’orbita d’influenza di Solunto. Ricca è infatti la documentazione relativa a questa fase. Particolare interesse riveste il rinvenimento di undici monete antiche: si tratta di emissioni variegate, quasi tutte databili intorno alla metà del IV sec. a.C. Cinque monete, tutte di bronzo, appartengono alla zecca punica e presentano il tipo “testa maschile a destra o a sinistra, cavallo in corsa a destra, mentre un esemplare presenta al rovescio una protome equina.
Il sito verrà definitivamente abbandonato nel corso del III sec. a.C. in concomitanza con la conquista romana dell’isola. I Romani, infatti, impedirono o scoraggiarono l’occupazione e lo sviluppo di centri abitati in siti morfologicamente elevati, in modo da evitare il sorgere di luoghi fortificati e di resistenza per la colonizzazione dell’isola. Questo spiega anche l’abbandono definitivo dell’abitato anche a Monte Falcone e Monte Carrozza dopo il III secolo a.C.
Sul fianco occidentale del Pizzo è presente una grotta, detta dei “Saraceni”, esplorata da Mannino. In una delle camere è stato raccolto materiale ceramico databile principalmente all’età del Rame, mentre sporadici sono i reperti attribuibili all’età del Bronzo. Si tratta di frammenti di ceramica monocroma rossa (facies di Malpasso), a decorazione dipinta (facies di Serraferlicchio) e incisa (facies della Conca d’Oro). La cavità, di difficile accesso, fu utilizzata probabilmente come riparo occasionale o come luogo di seppellimento.
Dalla curiosa conformazione morfologica è il Monte Rotondo, un modesto rilievo sul territorio ciminnese, di altezza pari a 629 m.
Agli occhi del visitatore esso appare con una cima arrotondata, con le pareti scoscese sui tre lati ed una sola accessibile, sul versante meridionale.
Anche nel caso di questo rilievo nel corso di scavi e studi è stato possibile rinvenire sulla cima e lungo le pendici meridionali frammenti di ceramica (costituiti in prevalenza da tegole con tracce di paglia) e in misura minore piatti, pentole, anfore con decorazione corrugata e ceramica acroma.Sulla vetta del monte, oltre all'eccezionale panorama che domina l'intero abitato di Ciminna e la Valle del Vallone Mulina, si possono scorgere i resti di una piccola cappella dedicata a Santa Barbara. Questo era un piccolo edificio di pianta rettangolare, di cui oggi si conservano tre muri perimetrali per un’altezza di 1 metro circa. La struttura è costituita da blocchi di medie dimensioni in gesso locale. Su questo lato del rilievo, inoltre, dove è più abbondante la ceramica, si trovano anche numerose rocce semilavorate di Formazione Baucinese; questa formazione sorge sul versante meridionale del rilievo, per cui facilmente cavata e trasportata.Degna di nota è, infine, una piccola grotta che si apre sul versante settentrionale, larga circa 3 metri e alta circa 1,5 metri, utilizzata dai pastori come ricovero episodico.
Con il nome “Cirnuta” (Cernuta), che probabilmente deriva dal termine siciliano “scinnuta” che sta ad indicare una discesa, si fa riferimento ad un'area semi-collinare ricchissima d'acqua, dove notevoli fonti pensano sia sorto il primo centro abitato di Ciminna. E’ certa, inoltre, all'interno dell'area la presenza di un grande insediamento risalente all'età imperiale, presumibilmente una villa. Nel 1886, in corrispondenza della fontana pubblica, venne alla luce un grande mosaico, affine a quello di contrada San Nicola, a Carini, e a quello della cripta di Sant’Elena, a Roma. Dell’antico insediamento restano soltanto numerosi cocci sparsi in superficie, soprattutto sui terreni a Est della strada. Si tratta di frammenti di coppi a bordo inspessito, di tegole raffiguranti il motivo del pettine inciso, di ceramica africana da cucina, di sigillata africana, anfore da trasporto e ceramica acroma. Sul sito sono stati segnalati anche sporadici manufatti di selce e frammenti di ceramica invetriata di età normanno-sveva. Degno di interesse è il bevaio di Portella Santa Caterina da cui scorre ancora oggi acqua che fino a pochi anni fa veniva utilizzata per scopi domestici nonostante non potabile.
Il bevaio è costituito da una testata concava con al centro lo stemma del comune di Ciminna e da una vasca circolare, entrambe in calcare imerese. Della stessa roccia era costituito anche il selciato della vecchia trazzera, a giudicare dal tratto ancora visibile nell’area intorno la fontana.